2 - FORMAZIONE E MORFOLOGIA DI UN GHIACCIAIO

 

Lo studio della formazione e della morfologia glaciale è di grande interesse per i seguenti tre principali motivi :

  1. attualmente circa quindici milioni di Km2 delle terre emerse, e cioè un’area di circa una volta e mezzo l’Europa, sono ricoperti da ghiacci;
  2. durante i lunghi periodi delle glaciazioni quaternarie i ghiacci occupavano circa un quarto delle terre emerse e dopo la loro fusione e il loro ritiro hanno lasciato vistose tracce dei processi di erosione e accumulo di materiali da essi operati, oggetto di fondamentale studio per la ricostruzione di parte della storia della Terra;
  3. in tempi recenti l’Antartide, che è tipicamente il regno del gelo e rappresenta con la Groenlandia il 99% del ghiaccio di acqua dolce dell’intero globo, è divenuto una specie di immenso laboratorio dove scienziati di molte nazioni lavorano assieme per scoprire il mondo ancora relativamente ignoto delle basse temperature.

L’accresciuto bisogno di risorse minerarie e la certezza che tutte le parti della Terra siano interdipendenti fra loro e che tutte quindi debbano essere conosciute, portano l’uomo alla conquista anche di questi ambienti estremamente ostili e difficili. E non soltanto nel continente antartico, ma anche in tutto il mondo i glaciologi studiano il fenomeno della formazione dei ghiacci e le cause dei loro complessi movimenti.

E’ stato calcolato che sul globo esistono parecchie decine di migliaia di ghiacciai, grandi e piccoli, e che quelli che superano un chilometro quadrato sono almeno 10 000.

 

- Formazione di un ghiacciaio

Entro il limite delle nevi persistenti vi sono picchi troppo ripidi perché le precipitazioni possano essere trattenute e quindi fermarsi, ma vi sono anche delle depressioni che risultano particolarmente bene alimentate sia per la caduta diretta delle nevi, sia perché ivi si raccolgono le valanghe e slavine provenienti dalle elevate e ripide zone circostanti. Si costituisce così un nevaio o bacino collettore, cioè un campo di neve persistente e molto ricco, che rappresenta il punto di partenza e il bacino di alimentazione del ghiacciaio.

Quando il vapore acqueo, derivante dall’evaporazione della superficie dell’oceano, condensa nell’atmosfera in acqua e cristalli di ghiaccio, ha inizio una serie di eventi straordinariamente complessi. La temperatura costituisce una proprietà fondamentale dell’atmosfera, dato che influisce sulla formazione dei vari tipi di cristalli di ghiaccio. E’ stato possibile produrre in laboratorio oltre 5000 forme differenti di cristalli partendo dalla combinazione di una trentina di cristalli base a loro volta raggruppabili in una decina di tipi, simmetrici e non simmetrici.

La tendenza generale a formare scagliette esagonali è dovuta alla struttura interna di base del ghiaccio, in quanto le molecole d’acqua (ciascuna costituita da due atomi di idrogeno e uno di ossigeno: H2O) si dispongono in gruppi fondamentali di sei, con gli atomi di ossigeno di ciascun gruppo collegati a formare un esagono; in un secondo stadio gli esagoni si collegano dando forme planari e in un terzo stadio i vari piani formatisi si uniscono per dare luogo a forme tridimensionali.

La neve al momento della sua caduta si presenta in cristalli; contiene molta aria e possiede una bassa densità (0,1 circa). Però, quando nel nevaio si accumula su più strati, risulta progressivamente compressa in profondità per il peso delle coltri sovrapposte e per fenomeni di fusione e rigelo dell’acqua formatasi. A poco a poco si trasforma in un ghiaccio compatto, con l’eliminazione dell’aria inizialmente contenuta (che vi rimane solamente in rarissime bolle), che si presenta sotto forma di un materiale granulare chiamato firn o neve vecchia, simile al ghiaccio compresso di una comune palla di neve. Successivamente i granuli si fanno più grossi e dopo gli strati inferiori della massa di firn cominciano a compattarsi per fenomeni di appiattimento dei granuli e per continue successive fusioni dovute alla compressione (il ghiaccio fonde se sottoposto a pressione) seguite da subitanei rigeli, nonché per cementazioni di parte della neve di fusione della neve attualmente superficiale. Si forma così una massa di ghiaccio che raggiunge una densità attorno a 0,91 - 0,92 (generalmente superiore a quella del normale ghiaccio dell’uso comune) e che va a costituire il ghiacciaio.

 

- Morfologia di un ghiacciaio

Distinguiamo la morfologia dei due principali tipi di ghiacciai in precedenza descrittivamente introdotti (ghiacciai locali e ghiacciai regionali, detti anche continentali o polari o inlandsis). Nelle seguenti descrizioni morfologiche ci si rifà ai tipi di configurazioni più generali e comuni, lasciando alle distinzioni tipologiche subito dopo riportate l’evidenza delle singole particolarità.

Nei ghiacciai locali, il ghiaccio, benchè rigido in piccola quantità, presentandosi in grandi ammassi ha un comportamento notevolmente plastico per cui tende a scendere per gravità in modo compatto come un fiume lentissimo sotto forma della cosiddetta lingua glaciale dal tipico colore azzurrognolo, partendo dal bacino collettore ( dove, come è stato descritto, si è cominciato a formare il ghiacciaio) lungo il pendio sottostante detto bacino di ablazione. Poiché il ghiacciaio, nel suo moto, si spinge sotto la linea delle nevi persistenti, succede che la sua parte terminale, detta fronte del ghiacciaio, ha un’ablazione così intensa da non essere compensata dal rigelo e il ghiaccio fonde totalmente. Essa è caratterizzata dalla cosiddetta porta del ghiacciaio dalla quale escono le acque di fusione (detto torrente glaciale). La fronte del ghiacciaio è soggetta ad alterni fenomeni di progressione e regressione definiti come oscillazioni del ghiacciaio che dipendono dalle variazioni del volume di ghiaccio dovute a loro volta da variazioni periodiche del clima e delle precipitazioni atmosferiche (per esempio i ghiacciai delle Alpi occidentali avanzarono sino al 1820, per rimanere stazionari fino al 1850, per poi regredire sino al 1880, riprendendo poi la loro avanzata; al momento attuale, salvo micro-oscillazioni, sono in un periodo di generale regresso).

I ghiacciai locali sono presenti in tutte le regioni del globo ove vi siano montagne più alte del limite delle nevi persistenti, mancando solamente in Australia. Le loro dimensioni sono molto diverse, essendovi ghiacciai lunghi circa 2 Km, larghi poche centinaia di metri e profondi meno di 100 m ed essendovene altri, come nell’Alaska meridionale, che raggiungono la lunghezza di 120 Km e la larghezza di diversi chilometri. La loro morfologia è in stretta relazione con la topografia, che è determinante, assieme alle condizioni climatiche. I ghiacciai locali sono meglio conosciuti di quelli continentali dato il loro rilevante numero e per il fatto che si trovano in regioni più abitate. Per i ghiacciai locali si ha una notevole diversità di tipi e di seguito sono elencati i tipi più comuni.

  1. Ghiacciai vallivi di tipo alpino: sono formati da un bacino collettore e da un bacino ablatore, presentando una sola lingua glaciale compresa in un’unica valle. A questo tipo appartengono numerosi ghiacciai della catena alpina e himalaiana. Non è raro che più ghiacciai di questo tipo confluiscano in una valle maggiore dove danno origine ad una unica lingua, come per esempio è il caso del monte Rosa.
  2. Ghiacciai vallivi di tipo scandinavo o d’altopiano: hanno un bacino collettore dal quale si dipartono numerose lingue glaciali spesso affluenti a raggera che rivestono una regione d’altopiano. A questo tipo appartengono molti ghiacciai della Norvegia e altri due importanti ghiacciai in Islanda e negli Stati Uniti.
  3. Ghiacciai sommitali: sono simili ai precedenti, ma rivestono cime di monti a fianchi ripidi, generalmente coni vulcanici, quali il Kilimangiaro in Africa e due importanti monti delle Ande e degli Stati Uniti.
  4. Ghiacciai pedemontani: sono costituiti da una grande fascia di ghiaccio orizzontale posta ai piedi di un sistema montuoso e alimentata da ghiacciai che ivi convergono. Si riscontrano , in uno stretto numero di esemplari, in regioni a clima molto freddo e con precipitazioni nevose abbondantissime, dove i ghiacciai possano arrivare tanto in basso, come in Alaska e nel Cile meridionale. Nel Quaternario erano ghiacciai comuni e si pensa che nel Pleistocene anche i ghiacciai dell’arco alpino fossero di questo tipo.
  5. Ghiacciai di circo o senza lingua: sono apparati glaciali semplici e di ridotte proporzioni che occupano depressioni semicircolari (circhi), o valloni, o conche. Sono molto frequenti nei Pirenei, ma si ritrovano anche sulle Alpi e sulle Montagne Rocciose.

 

Nei ghiacciai regionali (o continentali o polari o inlandsis) il ghiaccio formatosi nel tempo occupa estensioni enormi. Il ghiaccio che occupa l’Antartide e la Groenlandia, come detto, rappresenta il 99% dei ghiacci continentali. L’inlandsis antartico è il più importante ed è quasi 9 volte più voluminoso di quello groenlandese. Sondaggi sismici hanno dimostrato che lo spessore degli inlandsis è maggiore al centro che ai margini e che pertanto questi enormi ghiacciai hanno forma di lente convessa. Lo spessore del ghiaccio groenlandese è mediamente di 2000 m, mentre quello dell’Antartide varia dai 2000 a quasi 5000 m. Sotto il peso di queste enormi calotte di ghiaccio l’Antartide e la Groenlandia hanno subito uno sprofondamento di natura isostatica, per cui alcuni punti del loro substrato roccioso si vengono ora a trovare sotto il livello del mare. Le temperature medie registrate sono di -27oC al centro del ghiaccio groenlandese e di -57oC nell’Antartide. Come già descritto precedentemente, nelle zone marginali il ghiaccio può dividersi in lingue che, quando giungono al mare, vengono spezzate dai moti delle acque dando origine agli icesberg.

E’ da notare che soprattutto in Antartide sono presenti delle piattaforme di ghiacci galleggianti della medesima costituzione degli inlandsis; la più grande è la Piattaforma di Ross che è estesa quasi quanto la Francia. Su piattaforme più piccole e isole di ghiaccio alla deriva negli oceani polari sono state stabilite basi di studio permanenti da parte statunitense e russa. Una di queste naviga nell’Antartico alla velocità di 7 miglia al giorno e serve come stazione mobile di osservazione a un’équipe scientifica della marina degli Stati Uniti.

Un processo che tende a limitare lo spessore dei ghiacciai a circa 2 Km in regioni fredde e caratterizzate da basse precipitazioni, è quello connesso al fatto che quando un ghiacciaio raggiunge un certo spessore, che dipende dalla temperatura superficiale del ghiaccio, il calore geotermico, emesso continuamente dall’interno della Terra, viene intrappolato alla base del ghiacciaio (quando sussiste una temperatura superficiale di -50°, occorre una massa di ghiaccio di circa 2 Km di spessore per produrre un isolamento termico tale da causare l’intrappolamento e non consentire dispersioni, mentre naturalmente sono sufficienti spessori minori per temperature di superficie più alte). Il calore geotermico determina un aumento della temperatura in corrispondenza della base del ghiacciaio e, se il ghiaccio è abbastanza spesso, la temperatura sale abbastanza da dare inizio alla sua fusione alla base, per cui l’acqua tende a fluire verso i lati del ghiacciaio o, nel caso di un ghiacciaio limitato da pareti rocciose, tende a fluire nel senso della lunghezza. E’ stato calcolato che se la temperatura superficiale è di -50° e lo spessore è circa di 2 Km, ogni anno il calore geotermico che viene intrappolato riesce a fondere uno strato basale di ghiaccio spesso circa 1 cm, equivalente a una quantità di neve dell’apporto annuo pari a circa 10 cm (la neve è un materiale molto leggero ed areato e ne sono necessari 10 cm per formare 1 cm di ghiaccio). Se la velocità di accumulo della neve supera questo valore, il ghiaccio continua ad aumentare di spessore, ma se l’accumulo è inferiore ai 10 cm, come si verifica in condizioni climatiche molto secche, lo spessore rimane limitato venendo intrappolato il calore geotermico.